giovedì 24 aprile 2008

C'eravamo tanto amati...

C'eravamo tanto amati... grande esempio di commedia italiana (1974), da parte di uno dei suoi interpreti migliori, Ettore Scola. Genere solitamente disprezzato da quelli per cui il cinema è più uno strumento di "distinzione" (come ha osservato il sociologo francese Bourdieu), che un piacere fisico (come per il sottoscritto). Quelli che se in un film si cambia più di un'inquadratura al minuto siamo già nell'intrattenimento. Quelli che vanno solo nei cinema di essai perché fa tanto intellettuale.
Accompagnato dalla splendida colonna sonora della canzone "Siamo i ribelli della montagna", rielaborata dai Modena City Ramblers (insieme a Bandabardò). Mirabile esempio di riutilizzo della tradizione in chiave moderna. 
Per parte mia, non ci potrebbe essere modo migliore per ricordare e celebrare il 25 aprile, festa che veniva celebrata persino dai nostri ex governanti democristiani come di tutti gli italiani (non altrettanto dai nuovi).

C'eravamo tanto amati... un film che racconta di un gruppo di amici (Gassman, Manfredi e Sattaflores), ex partigiani, che si rincontrano dopo tanti anni e si scoprono divisi dall'amore, dalla politica e della posizione sociale. Sattaflores, intellettuale estremista inconcludente, che non riesce nemmeno a sfruttare l'occasione della sua vita (non per colpa sua, in verità), della celebrità e del successo offerto da "Lascia e raddoppia". Manfredi, eterno portantino (comunista) all'ospedale di Roma, destinato a non fare mai carriera a causa del suo carattere generoso e rissoso, come quello del popolino romano. E soprattutto Vittorio Gassman, giovane avvocato arricchito grazie al matrimonio di interesse con la figlia di un palazzinaro romano (un esilarante Aldo Fabrizi), che si scopre solo ed infelice per aver rinunciato per sempre all'unico vero amore della sua vita (la bellissima Stefania Sandrelli, che gli ha preferito il povero ma sincero amico portantino).
C'eravamo tanto amati... un modo anche di commentare la partecipazione a questo blog. Consentitemi un'autocitazione: nel primo post del lontano 30 dicembre scrivevo "il triste destino dei blogs è quello di finire dimenticati e trascurati, deserti come i cortili scolastici la domenica, patetici rottami in cui incappare casualmente con i motori di ricerca".
È un po' quello che sta avvenendo ultimamente: tanti di noi, che apparivano così entusiasti all'inizio, non si fanno mai vivi. Nemmeno per allietarci con una foto dei loro pargoli, o con una cartolina di saluto. Ma non importa: non scrivo questo per redarguire nessuno. Se son rose, fioriranno, dice il proverbio. Ovvero, se continuerà ad esserci interesse ed entusiasmo spontaneo, il blog vivrà, altrimenti pazienza: farà la fine della sinistra arcobaleno (permettetemi la metafora politica!). In ogni caso una funzione l'ha avuta: ha permesso a molti di noi di reincontrarsi, di avere notizie l'uno dell'altro, di vivere qualche brandello di comunità virtuale, che a tratti è sembrata quasi divenire reale. Per quanto mi riguarda, è stato uno spazio che mi ha tenuto compagnia nei momenti di maggiore difficoltà e solitudine della mia avventura americana, un piccolo diario pubblico che si giovava della vostra compagnia e vicinanza.
Come ho detto: se son rose, fioriranno. Non è il caso di prendersela troppo. Nietzsche diceva: "amo le brevi abitudini...".
Buon 25 aprile a tutti! 

giovedì 17 aprile 2008

Deliri post elettorali


È sera, sono in ufficio, devo ancora preparare un test per domani, non ho voglia di farlo, scrivo sul blog. 
Il risultato di queste elezioni ha lasciato senza fiato, più che per la vittoria abbastanza annunciata di una parte, per la scomparsa di un altra. Che dire? Forse di questo non importa a nessuno (perlomeno ai frequentatori di questo blog), forse effettivamente se la sono cercata, forse è una naturale legge dell'evoluzione quella secondo la quale gli organismi che non sono in grado di adattarsi all'ambiente spariscono, però mi dispiace. Voi direte: ma chi se ne frega. Tutto è destinato a scomparire, persino noi stessi, e tu ti stai a preoccupare di che cosa? Niente di più di un simbolo colorato. Che effetto avrebbe avuto poi sulle nostre vite quotidiane se qualche milione in più di persone avessero messo la crocetta con la matita sul quel simbolo? Probabilmente nessuno. Che forse non ci dovremmo alzare lo stesso tutti i giorni per andare a lavorare, fare il bagnetto alla bambina prima di andare a dormire, lavare i piatti ogni tanto, quel che basta per non farsi insultare dal partner? Che cosa sarebbe cambiato per esempio per questo loquace migrante peruviano che tutte le sere si fa il giro dei corridoi per vuotare i cestini degli uffici, cercando sempre di attaccare bottone – chissà perché – soprattutto con me? Forse che ai tanti come lui, in Italia e in Europa, se si superava il quorum gli toccava di vuotare meno cestini, alzarsi mezz'ora più tardi la mattina, andare a lavorare in monopattino? Non credo proprio. In fondo proprio a quelli come lui, i calci nel culo non mancheranno mai nella vita.
Forse è vero che veniamo al mondo tardi, ce ne andiamo troppo presto, e per il tempo che ci è dato di vivere ci scordiamo anche di pulire il water. Eppure c'è qualcosa che non torna in questo discorso. Infatti a volte sono proprio le cose più inutili e più piccole che ci fanno felici: una melodia mattutina, il vento profumato della primavera, la scollatura di una vicina di scompartimento. Alcuni si contentano persino di un SUV da duecentocinquanta cavalli. 
A me bastava ancora meno. Mi bastava un arcobaleno.

mercoledì 9 aprile 2008

Tozzi-Fan

Ieri ero a Milano a fare gli speakeraggi, cioè i doppiaggi, di uno spot nuovo. In uno studio di registrazione, famoso.
Dove, tra i tanti che ci son passati e hanno inciso, De Andrè ha registrato 'Le Nuvole' - si veda alla voce --> Compilation (vorrei capi cosa aspettano quelli che ancora non si sono pronunciati ndr) Malva canzone don Raffae'.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che dovevamo doppiare delle ragazze giapponesi. E il pezzo non veniva bene. Poi a certo punto Domenico, l'account dell'agenzia di pubblicità con cui lavoro, nel casino del momento - tutti nervosi perchè la tipa non riesce a fare il doppiaggio - gira verso di me il suo portatile che aveva sulle gambe dove mi appare questo:



che dire?? sono uscito dalla stanza piegato in due...

giovedì 3 aprile 2008

1984. Ghila d'annata



Riceviamo e volentieri pubblichiamo, dicono spesso i giornali a proposito delle lettere e delle proposte di articolo che vengono spedite alla redazione.
È il caso di questo scritto del Ghila che giace sul mio computer non so da quando e ne mi ricordo come ci sia finito. So solo che fa parte di una serie che il Nostro proponeva in occasione delle epiche cene di classe.
Lo ripropongo qui nella sua versione integrale (spazi compresi), non toccando assolutamente niente a parte qualche piccolo errore di battitura, come si conviene al lavoro modesto e discreto dei filologi. Il fatto che lo abbia pubblicato così tardi dipende solo da problematiche tecniche che rendono difficile (ma non impossibile, come ho potuto scoprire) il taglia-e-incolla nello spazio dei post.
Buona lettura.


Per tutti coloro, che come me, sono affetti da nostalgie infinite, scriverò due righe su cosa era il mondo nel 1984? Perché il 1984? Perché 22 anni fa ci siamo visti e conosciuti, ma chiusi nella microcellula di una classe, forse non ci siamo confrontati. Avevamo dei problemi tipo la dimostrazione del teorema delle rette parallele e ne davamo una spiegazione geometrica (c’era anche quella politica: Teorema di Moro sulle convergenze), oppure quale motorino comprare, scegliere tra stadio e discoteca, la festa di quella della 1° G, cambiare di banco, fumare, non fumare, la cintura del Charro! Ognuno chiuso dentro i propri problemi di quattordicenne mentre intanto scorreva il film del 1984.

Ma quali erano i titoli del 1984?

CRONACA

A Vicchio (FI) colpisce ancora il Mostro di Firenze. L’intera regione vive i soliti giorni di angoscia.

POLITICA INTERNA

L’Italia al quinto posto dei paesi industrializzati. Lo afferma Craxi al XXV congresso del PSI.

POLITICA ESTERA

Avanza la perestrojka di Gorbaciov ed anche l’Ungheria chiede il passaporto per la Cee.

MUSICA

Momento forte del cantautorato romano. Dopo Venditti e De Gregori è Baglioni il leader della hit.

SPORT

Il Verona batte la Juventus a domicilio e si avvia a conquistare il titolo di campione d’inverno.

Ma c’era dell’altro nel dicembre del 1984.
Lo scontro socio-economico-generazionale: dark vs paninari volgeva a favore di questi ultimi e, a posteriori, lo trovo anche significativo, quasi un manifesto dell’Italia degli anni ’80. Se si pensa che nel decennio precedente la moda proletaria e “di contestazione” aveva monopolizzato e massificato il mercato dei consumi del settore abbigliamento (non era possibile reperire pantaloni da uomo con le tasche o senza zampe… di elefante) quella degli anni ’80 da, possiamo dire, uno strappo borghese, relega a mercati di nicchia la moda alternativa e sdogana quella dell’allora maggioranza silenziosa. Ma era l’Italia di Craxi, della Milano da bere, dell’orologio al polsino, del golf, della golf, della colf e tutto questo sembrava normale.
Anche Pisa, come si dice sonnacchiosa cittadina di provincia, faceva le prove generali del gran salto nel nuovo e nella normalizzazione. Al liceo Dini, una volta fabbrica di cervelli politici, teatro di scontri di parte, si iniziava a chiacchierare di figa e di pallone senza vergognarsi. Le assemblee, ancora indette, o andavano deserte o servivano allo spaccio di sigarette, pezzi di motori, compiti riciclati e inviti alle feste.
Iniziava lo scazzo nei luoghi dove prima anarchici, comunisti e fascisti se le davano di santa? ragione. Niente più schieramenti, né cappotti di loden, niente eskimo, né polizia e gli ultimi nostalgici della contestazione vivevano isolati e segregati nelle loro sedi di federazioni semivuote o ai tavoli del bar la Tazza d’oro dove ai discorsi di Serantini si sostituivano quelli di Bersellini.
Conoscendo a memoria praticamente tutte le canzoni del grande e compianto Rino Gaetano, posso dire che eravamo entrati nella fase della presa per il culo. Ecco gli anni ’80 sono stati forse una colossale presa per il culo ed è per questo che il gotha intellettuale, serioso e radical chic non li tiene in nota e gli preferisce gli anni ’70. Forse, più semplicemente non siamo stati maturi per capirli, ma è il caso di approfondire la questione.
Provando ad analizzare i contenuti umani, antropologici e sociologici dei miei compagni di classe trovo adesso le prove che il 1984 è stato uno spartiacque tra due generazioni.
Ho sempre ammirato quelli che nella scuola del decennio precedente facevano (forse facevano) le manifestazioni, le canne, il sesso libero, la politica e mi ritrovavo nel mezzo a una generazione di niente. Ma non è vero. Non lo avevo capito ma qualcosa c’era.

Il 7 dicembre del 1984 è un lunedì e piove. Ho nella testa la colonna sonora di “altrimenti ci arrabbiamo” che ho rivisto ieri sera e nelle gambe la fatica di una partita pareggiata contro l’Aurora. Ho perso il primo autobus e di conseguenza ho perso anche la prima parte della discussione in classe sulla Juventus che, come al solito, ha rubato il derby al Torino (di cui era tifoso quel riccioletto, che non mi ricordo, che poi bocciò). Il Matte arriva trafelato, appannato e ammaccato dalla trasferta Asciano-Pisa sul Garelli. Claudio invece c’ha il Fifty, tutto un altro passo. Il Paccia fa il passo dell’oca e Vince allibito gli vomita addosso l’Internazionale. Il Riccio non lo vedo. Il Cane dice che ieri ha conosciuto una di ventisei!!! anni a Pontedera e che l’ha già quasi…. , lo Scara mi saluta come al solito mettendomi le mani addosso e mi incazzo perché mi spettina il ciuffo preparato col gel. Poi arrivano altri e c’è chi intona un blasfemo motivetto da discoteca di Den Harrow, chi scrive geroglifici, chi tocca la Brea o Brera e chi dice al Nassi di chiedere l’ora per l’assemblea. Mi fa ridere pensare oggi che il Nassi è stato il mio capoclasse e sinceramente non ricordo se c’è stata una votazione, se io c’ero e se l’ho votato, ma se succedesse oggi, ecco io voterei proprio Michele Nassi. Allucinante. Le ragazze chiacchierano tra di loro e probabilmente pensano che la rivoluzione femminile ha fallito perché è stata troppo tenera con i maschi della 1° D.

Andavo a scuola allora, di buona voglia e anche se la sveglia mi è sempre costata fatica, il fatto di vedere i miei compagni senza per il resto fare un cazzo, mi pareva un ottimo mestiere. Tanto che ho sempre cercato di non modificarlo.
Fuori tema, in italiano
Fuori dalla porta, a scienze
Fuori di testa, il sabato sera
Senza per questo rimetterci un granchè in obblighi, responsabilità, tempo o denari, non era affatto male. A quattordici anni se hai un motorino, una ragazzetta, il Matte compagno di banco e la Lazio in serie A non puoi lamentarti e io non mi lamentavo.
È strano, ma i ricordi della scuola mi mettono addosso una nostalgia divertita. Penso e parlo spesso di nostalgia ma in realtà sono un fortunato perché ho constatato che il mio cervello, per quanto si sforzi, registra ricordi in misura molto minore della media della gente.
Il futuro non mi ha mai affascinato, il passato lo ricordo a stento e mi sforzo di vivere nel presente.
Eppure se ascolto le note di “Un altro giorno è andato” di Guccini, mi vengono su le lacrime a ricordarmi che:

ti guardi nelle mani e stringi il vuoto
se guardi nelle tasche troverai
gli spiccioli che ieri non avevi mai
ma il tempo andato non ritornerà.

È così purtroppo, sembra banale, ma è tutto lì. Nei giorni.
Se ognuno di noi avesse in mente dalla nascita il numero dei giorni a disposizione e vivesse come un timer alla rovescia, non farebbe le stesse cose e neppure le penserebbe.
Allora io ho estratto dalla mia cartella del tempo la scheda del 07/12/1984 e ho fatto finta di leggerla per scacciare quella nostalgia divertita che ci ho trovato dentro. E non ci sono riuscito.

Tra ca-nnabis e ca-lvados il 7 dicembre del 2006.