mi pare non sia stato afferrato il concetto di fondo: ho detto abbasso i tagli alla ricerca! viva i grembiulini etc..! ma se non si è tranquilli con un maestro solo se ne può tranquillamente mettere uno per scolaro, si possono fare corsi ad personam, si possono creare laboratori, iniziative, gite, forum, campi scuola, strutture sportive, ma... con i soldi di chi?
1) il paragone tra la vecchia scuola e la vecchia vita regge se si continua la proporzione.
se è vero che i grembiulini stanno alla famiglia del mulino bianco, a cosa stanno le autogestioni-occupazioni fatte ogni anno? a cosa stanno le proteste (per altro rimaste sulle intenzioni) studentesche?
2) mi si dice: attento 20 anni di tv berlusconiana ti rincoglioniscono, ti azzerano la coscienza! io la tv la guardo poco in generale, la fininvest praticamente mai. ma condivido il monito, che però rivolgo anche a voi
3) il nodo centrale è che si continua a pensare all'italia come al paese che si vorrebbe. non a quello che è. si fa affidamento sulla nostra presunta civiltà, manco fossimo la svezia, mentre nel frattempo siamo stati sorpassati dalla spagna e raggiunti da qualcun altro.
ragazzi, stiamo ai fatti.
è giusto preoccuparsi del posto di lavoro di un precario, di un ricercatore, di un maestro ma è ancora più giusto preoccuparsi del tutto.
e siccome, la classe politica (ma direi purtroppo anche la gente) da un po' di tempo a questa parte si preoccupa di questioni micro e tralascia le macro, non vorrei che tra un po' di tempo tutte queste discussioni risultassero sterili di fronte al problema più serio. quello economico generale.
anche il fatto che da giorni si parli di questo (concedetemelo) "problemone" e si tralasci la solita questione macro (soldi pochi) è un effetto della tv berlusconiana.
comunque è giusto che ognuno la pensi come vuole.
a me dispiace solo questo: passano i giorni e la mia bandiera perde i colori. non vorrei diventasse tutta bianca. sarebbe la resa. per l'italia e per me.
4 commenti:
La tua bandiera, se è ancora quella socialista, ha sfilato a Milano nel corteo del 25 aprile, era presente a Roma nella Manifestazione del P.D. contro il governo, e le idèe che abbiamo espresso Vincenzo ed io sono condivise da molti socialisti;
quindi stai tranquillo.
Come si sta meglio senza politìa (armeno quella italiana).....
Cristià, io attendo lumi per infrattacci a vedè la lazio.
Bona bimbi.
matesuper
PS: tanto giusto per dire una microcosa seria, ieri l'altro guardavo ballarò, si discuteva di questa ormai "famosa" cazzo di riforma gelmini, con illustri ospiti di sinistra (di pietro e bersani) e di destra (il ministro al programma di governo, o qualcosa del genere). Ebbene, non si è capito una sega se sia o meno una riforma giusta da fare, uno sparava cifre e numeri e l'altro le negava e viceversa. E allora si torna al punto di partenza: qualcuno l'ha letta la riforma, l'ha guardata in chiave globale? Mi sa di no, a partire dai cari politici che sobillano le masse nel nome di uno o dell'altro tanto per fare caciara. E allora, permettemi, cari miei, io resto della mia idea da buon illuminista. Aspetto due o tre anni e poi vedrò chi diceva cazzate (temo di saperlo già adesso), senza farmi influenzare dalle manifestazioni in piazza o dalla faccia serena della gelmini.
Giro questo articolo per il Matte. Mi rendo conto che parla solo dell'università, ma è ovviamente la faccenda che seguo di più. Non dico da dove viene, così evito giudizi pregiudiziali. In ogni caso, mi sembra quanto di meglio ho letto fino ad ora (non molto, per la verità).
L'ANALISI
Articolo per articolo, così la legge 133 avvia la spoliazione dell'università
PIERO BEVILACQUA
Com'è stato da più parti osservato, la legge 133 sull'Università non è un provvedimento di riforma. E' un pesante intervento di sottrazione di risorse finanziarie, senza alcuna altra pretesa che di far cassa, come se l'Università fosse qualche vecchio ente del Parastato. Eppure, in quel provvedimento, apparentemente dimesso e puramente finanziario, è contenuto forse il principio più gravemente sovvertitore dell'ordinamento universitario che sia mai stato concepito sinora. La possibilità - formulata nell'art. 16 della legge - di trasformare le università pubbliche in fondazioni di diritto privato è infatti la corda che viene offerta ai vari atenei, senza più risorse, per impiccarsi definitivamente vendendosi al migliore offerente.
Occorre svolgere almeno due considerazioni in merito a questa straordinaria novità storica che non ha avuto neppure l'onore di un dibattito parlamentare e su cui poco sono intervenuti anche i commentatori abituali delle cose italiane. Come ha osservato un docente di diritto comparato, Alessandro Somma, nella legge ci sono elementi evidenti di incostituzionalità. Ad esempio l'articolo 16 si apre con un inciso tanto perentorio quanto falso: la trasformazione in fondazione attua l'art. 33 della Costituzione (art. 16 comma 1). Ma in quell'articolo la Costituzione afferma il contrario: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». E qui siamo di fronte, più che alla costituzione di un istituto di educazione privato, alla trasformazione di un ente pubblico in ente privato, con notevoli oneri per lo Stato. Infatti la legge 133 stabilisce che le università fondazione «subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell'Università» e che «al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell'Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate» (art. 16 comma 2). E aggiunge: «Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse» (art. 16 comma 3).
Perfetto! Il patrimonio storico dell'università, talora costituito da beni architettonici di pregio, mobilio antico, biblioteche uniche e preziose, eccetera può essere acquisito da privati e questi sono esentati dal pagare le tasse di trasmissione! Altro che oneri per lo Stato, questa è spoliazione! Se volevamo avere qualche altro segno dell'arroganza e della rozzezza del legislatore odierno siamo stati serviti.
Ma che cosa dobbiamo aspettarci dalle Fondazioni private che dovrebbero garantire la prosecuzione dell'insegnamento universitario? Se questa trasformazione si dovesse effettivamente verificare, quale imprenditore privato sarebbe disponibile, in Italia, a finanziare, poniamo, letteratura italiana, storia greca, lingua latina? Non parliamo di etruscologia o delle varie lingue e civiltà dell'Oriente antico in cui, peraltro, gli studiosi italiani vantano eccellenze universalmente riconosciute. Ma che cosa succederebbe, nel giro di qualche decennio, a tutti i nostri saperi umanistici ? E davvero l'Italia può liquidare l'intero suo patrimonio di civiltà per far cassa oggi, o per seguire gli ultimi cascami di una ideologia finita nella vergogna del tracollo finanziario e degli aiuti di Stato?
C'è un altro aspetto poco considerato in questa provinciale e pacchiana volontà modernizzatrice che crede di strizzare l'occhio alla grande America. Non ci divide da quel Paese - peraltro così incomparabilmente generoso con gli studi e la ricerca - soltanto una diversa storia del capitalismo industriale. Ma anche una diversa storia delle rispettive classi dirigenti. Da noi lo Stato ha fondato l'industria moderna, organizzato il credito, guidato e promosso la costruzione delle grandi infrastrutture (ferrovie, telefonia, autostrade), salvato l'industria quando la Grande Crisi l'ha travolto attraverso l'Iri, pensato al petrolio come risorsa strategica attraverso l'Eni. Si può avere una controprova storica del ruolo giocato dallo Stato considerando le perdite gravi subite dall'industria italiana in questi ultimi 25 anni di furore liberistico e di abbandono di una politica economica qualunque. E a imprenditori che hanno alle spalle una storia di cosi scarsa lungimiranza nell'intravedere i bisogni del sistema-Paese dovremmo affidare la gestione degli studi universitari?
Ricordo infine un aspetto poco noto dell'organizzazione degli studi italiani. E' ancora lo Stato a sostenere - in forma indiretta - perfino alcuni dei più prestigiosi atenei privati, come la Bocconi e la Luiss. Qui, infatti, vi insegnano docenti il cui stipendio intero è pagato dalle Università pubbliche, mentre gli atenei privati pagano una modesta integrazione. Dunque è ancora lo Stato che - in questo liberismo maccheronico - finanzia la concorrenza. Credo che sia venuto il momento, nel nostro Paese, di rammentare con più coraggio quanta ideologica arroganza si manifesti, anche per ignoranza, nell'elogio della scuola e dell'Università privata.
Maremma 'ane, Vincè, troppo lungo, 'un niela fò a leggere tutto quel mallopone, m'addormento prima.....
mateciùo
Posta un commento