mercoledì 19 novembre 2008

Greetings from Grant Park


So di ripetermi, ma non importa. Le grandi gioie esigono la ripetizione. Sono solo molto contento di soggiornare in un paese che ha questa first family. Certo, quello che succederà ora è tutt'altro che scontato. Non si vive di soli simboli, e Obama dovrà dimostrare di sbrigarsela in una situazione politica ed economica di rara difficoltà. Per adesso (non per molto ancora) godiamoci ancora questo momento di festa. Riporto qui un brano di un articolo di Renata Ingrao (una delle figlie di Pietro), dirigente di Legambiente. Nell'articolo riporta le sue emozioni di madre che ha adottato una bambina nera (ora dodicenne) di fronte all'evento dell'elezione.
Saluti a tutti.


Ho tifato Obama perché era un democratico nero candidato alla Casa Bianca e tanto mi è bastato. Ho tifato con il cuore ma anche con la testa, e con il cuore e con la testa ho capito, giorno dopo giorno, mese dopo mese, che lo straordinario "miracolo" che si è compiuto è stato possibile perché Obama ha sovvertito le regole del gioco, ha rotto gli steccati, ha rimescolato i ruoli, ha superato i conformismi, ha ridefinito le identità; e perché milioni di persone di fronte alle difficoltà crescenti della vita hanno avuto "l'audacia della speranza", hanno voluto lasciarsi alle spalle le gabbie del passato per guardare alle possibilità del futuro. Obama, la sua storia, la sua passione e intelligenza (che ho scoperto fra l'altro leggendo i suoi libri) rappresentano il miracolo della politica che torna ad avere valore, che consente la partecipazione a una comunità più ampia e rappresentativa delle singole individualità.
Il presente e il futuro oggi mi appaiono meno cupi. L'uomo più importante del mondo - simbolicamente e realmente - è un afroamericano, con la storia, le idee e i programmi di Obama. Mia figlia è sicuramente più forte e più protetta di ieri dai pericoli del razzismo.
Quest'estate siamo state a Parigi, la prima volta per lei, fresca di passaporto. Una città di cui si è innamorata. A colpirla positivamente, fra le tante cose, è stato vedere per le strade molte coppie miste, non solo fidanzati ma amici, colleghi, gruppi di persone di ogni parte del mondo, di ogni provenienza - africani, asiatici, europei, bianchi, neri e con tutte le sfumature, mescolati e non divisi per appartenenze ed etnie come succede da noi. Mi ha chiesto di venire a vivere a Parigi, le ho promesso che ci sarebbe potuta andare, appena finito il liceo. Chissà, forse, fra qualche anno avrà cambiato idea, in fondo ama molto il suo paese, in cui ha radici solide e profonde; o magari a cambiare sarà il clima delle nostre città, contagiato da una voglia di cambiamento tanto inattesa quanto potente, reso meno angusto e rivitalizzato dal vento americano. Come ci hanno insegnato gli Stati Uniti, molto dipende da noi.
P.S. A proposito di sit-com americane. Ce n'è una, molto divertente, Cory alla Casa Bianca , che mi capita di vedere con mia figlia, protagonista un simpatico adolescente nero, figlio di un cuoco diventato lo chef del Presidente, un Presidente naturalmente bianco, piuttosto sciroccato, con una figlia, una ragazzina dispettosa e abbastanza odiosetta. Adesso gli sceneggiatori della prossima sit-com sono più liberi, e per registi e attori d'ora in poi non c'è più niente di scontato nell'attribuire le parti.

2 commenti:

Naji ha detto...

Molto bello, lo dico sinceramente;
ma che ne sarà dell'imperialismo americano esteso militarmente e commercialmente nel mondo?
ai posteri l'ardua sentenza.

vinmele ha detto...

Si, Michele, credo che tu abbia colto un punto importante. Passata la festa e valutata l'importanza simbolica dell'evento, adesso occorre considerare la "ciccia", ovvero le novita' politiche concrete della presidenza in campo economico e soprattutto delle politiche internazionali. Obama in questo senso non e' ne' un socialista (nemmeno blando) ne' un pacifista assoluto. Pero' io credo che in qualche modo dovra' operare delle discontinuita', sia perche' la situazione lo richiede, sia perche' effettivamente lui e' andato a occupare quella poltrona sull'onda della domanda di cambiamento generalizzato.